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Il Vademecum Università #Hatefree è ora disponibile in tutta Italia

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È trascorso un anno da quando l’Università di Bologna e la Rete per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni di odio hanno proposto un ciclo di incontri sul contrasto degli stereotipi, che spesso legittimano discorsi e fenomeni di intolleranza, per predisporre buone pratiche che favoriscano la parità di genere e protocolli antidiscriminazione. In occasione di alcuni seminari realizzati nell’autunno del 2022, la Rete aveva lanciato un Manifesto per un uso del linguaggio inclusivo e non discriminatorio utile per università, aziende, ed enti locali interessati a rendersi “hate free”. Durante quest’anno ci siamo chiesti: quali sono le pratiche e gli strumenti che le università italiane adottano, o potrebbero adottare, per contrastare i rischi di discriminazione legati all’odio e rendere gli atenei più inclusivi?

Per rispondere a questa domanda, abbiamo condotto una ricerca – ben sintetizzata nella tesi di laurea di Elena Grassi, relatore Pierluigi Musarò (Università di Bologna), correlatrice Sara De Vido (Università Cà Foscari, Venezia) – che ha preso in esame la situazione in tredici atenei, esaminando diverse categorie ritenute meritevoli di attenzione. Incoraggianti i risultati. Dalla ricerca emerge infatti che la maggior parte delle università italiane sono impegnate a istituire e promuovere pratiche, organi ed iniziative volti a includere e garantire il diritto allo studio di tutte le persone. Ma molto c’è ancora da fare, soprattutto per promuovere politiche realmente inclusive per tutte le persone, e per mettere a fattor comune le pratiche adottate dai diversi atenei.

Anche per questo, nasce il Vademecum Università hate free: per una università più inclusiva e rispettosa della diversità, per promuovere una cultura antidiscriminatoria – che dovrebbe essere patrimonio di tutta la cittadinanza, come indicato dalla Costituzione – e riportare al centro del dibattito pubblico e dei programmi formativi la convivenza e i diritti delle persone, in linea con la terza missione dell’università.

Il Vademecum mira ad essere sia uno stimolo per la riflessione interna all’università, che è chiamata ad apprendere, oltre che a formare e sensibilizzare su questi temi, sia una guida capace di fornire risposte adeguate affinché gli atenei possano adottare pratiche e strumenti per promuovere una cultura antidiscriminatoria e contrastare i rischi di discriminazione legati all’odio.

Suddiviso in categorie, che non vogliono essere esclusive né esaustive, il vademecum invita gli atenei italiani ad adottare, promuovere e diffondere una serie di prassi e strategie per la tutela degli studenti e delle studentesse, delle persone con disabilità o con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), della parità di genere, delle persone migranti, rifugiate, LGBTQIA+, o che si trovano in stato di privazione della libertà, sino a temi più generali come il diritto allo studio  e la sostenibilità sociale e ambientale.

Dopo essere stato discusso e affinato da diversi esperti/e del settore e delegati/e del/della Rettore/Rettrice di molti atenei italiani, che lo hanno arricchito con i loro commenti e suggerimenti, il Vademecum è stato finalmente lanciato lo scorso 22 novembre 2023 in un seminario a Forlì (campus dell’Università di Bologna) a cui hanno partecipato Pierluigi Musarò ed Elena Grassi, fautori della ricerca, Federico Faloppa, coordinatore della Rete Nazionale contro i discorsi e di crimini d’odio, e alcuni/e delegati/e del/della Rettore/Rettrice impegnati a promuovere inclusione e diversità nei propri atenei.

Dall’incontro è emersa l’importanza di approcciarsi all’università come un bene comune, un posto sicuro e accessibile, capace di prendersi cura di tutte le persone anche accogliendo e valorizzando la diversità, un motore del cambiamento capace di contrastare nei fatti i fenomeni di discriminazione.

Come ha sottolineato Cristina Demaria – delegata per l’equità, l’inclusione e la diversità dell’Università di Bologna – per mettere a sistema e armonizzare le tante pratiche già promosse dagli atenei sono necessarie più risorse, sia finanziarie che umane, e soprattutto una maggiore attenzione e un impegno di tutta la comunità. Al contempo, si può partire dagli strumenti più innovativi che già esistono – dallo sportello universitario contro la violenza di genere, alla carriera Alias, dal codice di comportamento sino alla consigliera di fiducia, solo per nominarne alcuni – nell’ottica di arrivare  a rendere giuridicamente obbligatori certe pratiche e strumenti, come già avviene, ad esempio, con il Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni nel lavoro (CUG), oppure con il Gender Equality Plan (GEP), senza il quale gli atenei non possono accedere ai finanziamenti europei.

Un lavoro interessante è senza dubbio quello realizzato da La Sapienza di Roma, la più grande università d’Europa, che nel 2020 ha eletto per la prima volta una rettrice, Antonella Polimeni, la quale aveva già nel suo programma elettorale molti dei temi trattati dal Vademecum. Come racconta Fabio Lucidi, delegato alla quarta missione de La Sapienza, la rettrice ha subito istituito un Comitato Tecnico-Scientifico sulla Diversità e Inclusione, chiamato a operare in stretto contatto con la Governance di Ateneo, per realizzare piani strategici ed iniziative volte a valorizzare le potenzialità dei singoli individui, a sostenere parità ed integrazione, a promuovere la collaborazione e la creazione di nuovi network, sia interni che esterni, per favorire politiche per l’inclusione. Dalla fase di ascolto e mappatura sino all’elaborazione e attuazione degli strumenti, l’ateneo romano è riuscito a collocare le diverse aree di intervento nel contesto di una visione strategica, sforzandosi di agire sul piano culturale, comunicativo e organizzativo che parte dall’ateneo e mira a estenderne i risultati, anche nell’ottica della terza missione, all’intero territorio.

Intervenire su tutti i piani è indispensabile per raggiungere obiettivi strategici e di lunga durata. Lo sottolinea anche Marco Catarci – delegato ai rapporti con le istituzioni scolastiche, le organizzazioni del Terzo settore e di volontariato, gli enti pubblici e privati, dell’Università degli Studi Roma Tre – che, nel suo intervento, sottolinea la funzione del corpo docente nel criticare le mancanze della società e costruire contro narrazioni capaci di rivedere l’intera cultura organizzativa, alla luce delle questioni legate alle pari opportunità e alle politiche per l’inclusione.

Dall’analisi alla comunicazione, sino all’elaborazione di nuovi riferimenti giuridico-normativi, nel processo di cambiamento già in atto il Vademecum diventa dunque una bussola per orientare tutti gli atenei a costruire comunità più inclusive ed “hate free”, sia dentro l’università che nella società tutta. Idee, strumenti e responsabilità non mancano. Si tratta ora di convincere tutti gli atenei ad assumersi questo impegno, e monitorare affinché venga rilanciato e rispettato. Azione che ci accingiamo a fare nei prossimi mesi, anche con campagne di comunicazione ad hoc. Stay tuned!

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